LA TEMPESTA

di William Shakespeare

LA TEMPESTA di William Shakespeare


regia Valerio Binasco
con (in o.a.)
Alonso, Re di Napoli  Filippo Dini, Alberto Astorri (Edizione successiva) 
Prospero, Duca di Milano  Valerio Binasco
Ariel  Fabrizio Contri
Sebastiano  Andrea Di Casa
Gonzalo  Simone Luglio
Calibano
  Gianmaria Martini
Miranda  Deniz Ozdogan
Antonio  Fulvio Pepe
Adriano  Giampiero Rappa
Trinculo  Nicola Pannelli, Sergio Romano (Edizione successiva)
Ferdinando  Roberto Turchetta
Stefano  Antonio Zavatteri, Ivan Zerbinati (Edizione successiva) 

musica dal vivo Gianluca Viola
scene Carlo de Marino
costumi Sandra Cardini
musiche originali Arturo Annecchino
luci Fabio Bozzetta
coproduzione Oblomov Films, Teatro Metastasio Stabile della Toscana e Fondazione Teatro di Napoli

NOTE DI REGIA

LA TEMPESTA è uno dei testi più misteriosi e affascinanti del teatro mondiale. Gran parte del suo fascino dipende proprio dal suo mistero. Ruberò le parole di un grande interprete shakespeariano, Ian Mckellen per dire che mai come ne La Tempesta gli interpreti non possono controllare quel che l’avvenimento scenico trasmette all’immaginazione degli spettatori: “the audence’s imagination is much, much less controlled by the actors, I think, in this play than in almost any other”. È una sensazione che può essere sia frustrante che esaltante. (Come al solito, quando si ha a che fare con Shakespeare si precipita nelle ambivalenze…) In realtà credo che tutti gli attori e tutti i registi dovrebbero, prima o poi, condividere l’esperienza di un naufragio come questo. Il rapporto con i famosi ‘troppi’ di Shakespeare mai come in questo caso si fa urgente … pericoloso, e vivificante. Si ha la sensazione che ne La Tempesta ci sia dentro di tutto: la farsa e il dramma, la psicologia e la teatralità, l’urlo e il canto, l’incanto e il furore. E nel contempo che manchi sempre qualcosa.

Ho come l’impressione che – nonostante la fortuna che ha avuto sui palcoscenici grazie a storiche regie- sia in realtà un testo per attori , per attori spietati con se stessi ed ispirati dal tema della fine del mondo. (ne approfitto per ricordare un po’ a tutti che il nostro mondo sta finendo, e quindi un testo come La Tempesta ci offre molti spunti di consolazione). Cercare il bandolo della matassa è inutile; è molto meglio puntare dritti al cuore della matassa, e perdersi . Qual è il cuore de La Tempesta? Se lo chiedete a cento registi o a cento studiosi, avrete mille risposte diverse : segno che più che mai in questo misterioso testo ognuno ci vede qualcosa , come se fosse una strana allegoria, o una meravigliosa macchia di vari colori. Per me è un dramma (malinconicamente) giocoso sulla fine della civiltà, sulla fine della vita e sulla fine delle cose in generale.

Per ognuna di queste ‘fini’ c’è una storia : la storia del regicidio – fratricidio è il simbolo della fine della civiltà; la storia della bacchetta magica spezzata è il simbolo dell’accettazione della fine della vita; la storia del naufragio è il simbolo della fine del nostro rapporto con le cose, ed equivale a una metafora dell’espiazione. A proposito dell’espiazione, si dice – e a ragione – che la Tempesta sia anche una storia di perdono. Ma se è così, vuol dire che dovremo concentrarci sul suo tema opposto, e dare vita a un dramma di Vendetta, molto caro agli spettatori elisabettiani, e affrontarlo come se da un momento all’altro potessimo assistere a un bagno di sangue. Non sarà difficile: a ben vedere, c’è molta violenza. In ogni scena c’è una vera e propria lotta per affermare l’autorità. Certo, avendo sullo sfondo la fine di un epoca e la condizione di naufraghi su un’isola deserta, viene da chiedersi a che cosa serva tutta quella sanguinosa sete di autorità e di potere?

Risposta : sembra che gli uomini lottino tra loro per abitudine, e per disperazione. Una disperazione particolare che viene dall’invidia. (un’ invidia particolare che Renèe Girard spiega molto bene). Il protagonista Prospero pare aver finalmente capito qualcosa di quella disperata invidia , e – quando il suo furore gli lascia qualche attimo di tregua- pare un uomo stanco che condivide segreti pensieri con Giorgio Caproni, poeta che -del tutto inspiegabilmente- mi ha confortato e a volte perfino guidato in questo perdermi dentro La Tempesta.

Di questa abitudine alla disperazione Prospero ha capito che non c’è molto da capire. C’è solo da comprendere. Comprendere non è perdonare. È arrendersi. Alla fine, resterà solo l’eroismo degli arresi. E Prospero, con fatica, si arrende. Anche se – dicono – ha vinto.

Questo è il primo spettacolo di un gruppo di Artisti che ha deciso di sfidare i tempi bui per fare grandi classici con pochi soldi. Ho l’onore e la fortuna di guidare questa grandiosa ensemble, e di condividere con loro i giorni della ricerca e delle prove. Non sappiamo dove stiamo andando, ma siamo certi che non ci fermeremo. La Tempesta è una tempesta, e si deve ballare o affondare. Amen. Ci chiameremo Popular Shakespeare Kompany. La nave ha un nome, adesso. E una meta. Si va.

E ora, Caproni:

RIFLESSIONE

‘’ Fu anche detto : ‘’noi

viviamo su un mostro ’’.

Ecco un motto che tutti

potremmo far nostro.

( La bestia che bracchiamo,

è il luogo dove ci troviamo )

E poi, se volete, anche questa:

RINUNZIA

L’ho seguito.

                   L’ho visto.

Non era lui.

                   Ero io.

L’ho lasciato andare.

                             Incerto,

ha preso il viottolo erboso.

Con un balzo è sparito

(ero io, non lui)

Nel fitto degli alberi, bui.

 

Photogallery

Photo Cristina Pasino

Locandina

locandina_tempesta

DEBUTTO: Estate Teatrale Veronese 2013 / Teatro Romano (Verona), 18-21 luglio 2012

Anno
2012

Produzione
PSK / Oblomov Films